Da Passo Godi fino alla vetta di Serra di Rocca Chiarano


Primo week end di primavera, la settimana appena terminata è stata un crescendo di temperature alte che facevano pregustare la primavera e soprattutto spingevano a progettare belle giornate in montagna. Per rispettare la tradizione marzolina è stato invece il classico week end dell’impiegato, di quelli che ti mandano di traverso tutti i programmi. Incollati alle previsioni meteo per gli ultimi due giorni della settimana abbiamo spostato diverse volte verso Sud l’escursione da programmare; cercando di anticipare la perturbazione siamo passati dal Velino ai Marsicani cercando di spostarci il più possibile verso est dove le previsioni di pioggia erano quanto meno ritardate al pomeriggio del Sabato. E solo la sera di Venerdì si è presa la decisione; gli zaini erano già pronti mancava solo di decidere la meta. Fino a metà pomeriggio di Sabato si sarebbe dovuta evitare la pioggia sulle montagne ad est dei Marsicani; il “pendolo” si è fermato sulla cresta delle Serra di Rocca Chiarano, da passo Godi. E così è stato, e tanto per confermare la tradizione, alla fine comunque siamo stati traditi dal meteo. Il viaggio per arrivare nel mezzo dei marsicani è sempre lungo, da dove lo prendi lo prendi. Autostrada per Pescara, uscita Cocullo, le bellissime gole del Sagittario, Scanno ed infine Passo Godi; due ore e quaranta di auto non te li toglie nessuno. Parcheggiamo di fronte al rifugio Passo Godi, non c’è più neve ormai, solo le creste oltre i 1800 metri ne sono piene; un’ultima lettura della carta dei sentieri, attraversiamo la piana paludosa e facilmente troviamo l’attacco del sentiero “Y2”; pochi tornanti all’interno di una rada faggeta e usciamo a metà costa quasi sotto al valico dello Scalone. Quota 1650, ci sono ancora strati di neve intervallati da prati, a tratti le placche nevose hanno anche consistente spessore tanto che affondiamo; il sentiero è intuitivo, il lungo traverso fino al valico dello Scalone è a tratti scoperto; lo raggiungiamo presto anche confortati dai segnali che affiorano nelle rocce. Come tutti i sentieri del parco anche questo “Y2” è ben segnalato, sia all’interno del bosco che fuori fino al valico. Il vento che salendo prendeva forza, in cresta, sul valico dello Scalone diventava un vero fastidio; aumentava di non poco la sensazione di freddo tanto che ci siamo dovuti coprire coi gusci. Il panorama verso Ovest si era nel frattempo scoperto; a parte la mole della catena del Monte Marsicano era difficile distinguere le cime che avevo vissuto e cercato qualche anno prima. Era un susseguirsi di monti, creste, alcune affilate altre rotonde e valli, dalla Terratta al Campitello, in mezzo di certo la Navetta e Serra di Monte Canzoni ma va a sapere quali fossero; il Monte della Corte era riconoscibile perché proprio di fronte al Marsicano. E nuvole ancora lontane, scure, che non potevano non far ricordare le previsioni meteo volte al peggioramento. Per ora a parte il vento fresco splendeva un bel sole. Non rimaneva che iniziare a percorrere la lunga cresta che avevamo davanti, da subito la monotona lunga e costante salita dello Scalone che dai 1900 metri del Valico in una unica soluzione portava ad oltre quota 2160. Appena in tempo per uno sguardo verso le Toppe del Tesoro, la Serra delle Gravare ed il grande piano che era nel mezzo; un susseguirsi di poco elevate rotonde elevazioni e valli che si incrociavano e si perdevano senza soluzione di continuità. Le prime nuvole sfilacciate iniziavano a risalire la montagna dalla valle, in fondo la cresta già giocava a sparire e riapparire mentre verso Ovest quelle che prima erano nuvole frastagliate si erano addensate in scure formazioni che coprivano ormai le montagne più alte. Le premesse per finire nel bel mezzo di quelle nuvole erano ormai certezza soprattutto quando, dopo pochi minuti, sui nostri gusci ha iniziato a picchiettare una finissima quanto pungente, debole per il momento, nevicata. La cresta che continuava leggermente a salire impediva di vedere la cima che volevamo raggiungere, la Serra di Rocca Chiarano; la vetta di Rocca Chiarano nel forse fino a pochi minuti prima stava diventando ormai fuori portata. Raggiunta quota 2212 davanti avremmo dovuto avere a vista la cima della Serra; si vedeva a malapena invece la profonda sella ed il profondo muraglione che contraddistingue questo tratto di cresta. Abbiamo preso a scendere comunque, cercando di tenerci lontani dalla linea del baratro. Sulla sella la nebbia si è diradata quel tanto che basta per mostrare quanto sia bello questo tratto; imponenti bastionate rocciose scendono verticali, qua e là cornicioni spessi e sporgenti ancora resistono, sono arricciati segno del loro stesso peso e dell’imminente resa alle temperature primaverili. Appena superata la sella la visibilità è diventata praticamente di pochi metri, non esistevano più orizzonti e punti di riferimento; sapevamo che avremo solo dovuto salire ma era importante rimanere lontani dal bordo del burrone, tanto più che sapevamo della presenza di quelle cornici sporgenti nel vuoto. Con cautela e con gli occhi di fuori continuavamo a salire bersagliati ormai da una nevicata che si era fatta fitta e fastidiosa; una gragnolata di fitti chicchi gelati che più che neve ricordava la grandine, ci venivano sbattuti in faccia nei pochi centimetri di pelle rimasti scoperti. Insomma il piacere dell’escursione se ne stava andando a quel paese. Sapevo però che la vetta della Serra era ormai vicina, rimaneva da salire quel ripido costone, percorrere poche centinaia di metri più o meno in piano e saremmo arrivati a destinazione. Più salivamo e più aumentava il manto nevoso, per fortuna vecchie orme di una ciaspolata davano anche un minimo di sicurezza in più; in cima non c’erano più trace di rocce od ometti; abbiamo percorso la cima, scesi di poco ed ancora risaliti, in un mare di neve ed in un mare di bianco uniforme. Una attimo che le nuvole si sono allargate ci hanno fatto intuire che davanti avevamo solo discesa, l’altimetro ci dava la quota è stato piacevole arrendersi agli agenti atmosferici e ritornare sui nostri passi. La foto di vetta poteva essere la foto di ogni monte sovrastato dalla neve ed immerso in un manto uniforme di nuvole; era un tutt’uno, appena percettibile la linea che divideva la cima dall’etereo sfondo. La foto in vetta ce la siamo fatta, buffa e paradossale, fatta di fretta, tanta era la voglia di andar via; il meteo aveva scelto per noi, Rocca Chiarano sarebbe stata impossibile da raggiungere senza una traccia GPS e poi … bastava farsi prendere a “pallinate” in faccia meglio era farsi “sparare” alle spalle. Visibilità zero, per fortuna c’erano le nostre tracce a farci da filo d’Arianna, in alcuni tratti, dove il terreno era più ghiacciato, erano anche effimere e difficili da vedere. A tratti velocemente a tratti lentamente per non sbagliare abbiamo riguadagnato la sella e di nuovo ancora la quota; solo quasi arrivati al valico dello Scalone le nuvole ci hanno un po’ lasciato, il meteo aveva deciso un ultimo scherzo per noi; il vento si è placato e la neve ha lasciato il posto ad una pioggia altrettanto fastidiosa, forse ancora più fastidiosa. Ora era facile scendere, oltre le tracce dell’andata il sentiero anche scivoloso era ormai a vista, compreso laggiù in basso, il rifugio di Passo Godi che avrebbe rappresentato la fine di questa escursione fredda e bagnata e forse anche un posto caldo dove rifocillarsi e riprendersi un po’. La discesa oltre il valico è stata veloce; la piana, sotto la pioggia era ormai diventata una pantano, all’auto siamo arrivati grondanti. Per fortuna ci eravamo portati un cambio completo; il resto, per riprenderci dal freddo e dall’umidità, lo ha fatto un pranzo accanto alla bella fiamma di un camino del rifugio Passo Godi. Che dire? Doveva essere la prima escursione primaverile e si è tramutata in una classica escursione invernale, sofferta ma divertente e soprattutto con un contatto con gli elementi della natura a tutto tondo. Non c’è mancato nulla: sole, vento forte, freddo, nebbia e nuvole fitte, neve e poi pioggia. Che altro desiderare? Unico rammarico: non era esattamente la giornata giusta per imparare ad usare la nuova macchina fotografica, ma di occasioni per questo ce ne saranno altre e molto presto.